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I Giardini del Futuro, Spazi cittadini sempre più eco-sostenibili

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view post Posted on 1/12/2009, 10:10     +1   -1
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I Giardini del Futuro



Spazi cittadini sempre più eco-sostenibili

Spazi verdi sostenibili.
In città e campagne cresce
una consapevolezza nuova,
che coinvolge designer e scrittori.
Con inedite regole estetiche




Tre anni di indagini e ricerche svolte da paesaggisti, agronomi e architetti reclutati dalla Sustainable Sites Initiative, agenzia che fa capo all’American Society of Landscape Architects e all’United States Botanic Garden.

Alla fine, un rapporto di quasi 200 pagine per mettere a fuoco i requisiti di quelli che, probabilmente, diventeranno i giardini di domani.





Per il momento sono rappresentati da una promettente ma sparuta avanguardia sparsa un po’ in tutto il mondo: spazi verdi pubblici e privati che coniugano ecologia ed estetica, e nel loro piccolo si fanno carico di alcuni problemi che affliggono il nostro pianeta: ovvero, contribuiscono alla salvaguardia della biodiversità, rifiutano le pratiche colturali più inquinanti (a base di concimi chimici e pesticidi), evitano spreco di risorse preziose, prima fra tutte l’acqua.

Insomma, giardini a basso impatto ambientale.

Che la Sustainable Sites Initiative propone di contrassegnare con un marchio di qualità simile a quello pensato per i green buildings.




Il parco Clichy Batignolle



Per esempio spazi verdi come il nuovissimo parco Clichy Batignolle, destinato a diventare il futuro polmone verde del nord-ovest parigino e del quale, qualche mese fa, sono stati aperti al pubblico i primi quattro ettari: per irrigare piante e aiuole viene usata solo acqua piovana raccolta in capaci cisterne, cui si aggiunge quella grigia recuperata dagli scarichi di alcuni edifici e depurata da un esercito di calle, iris, canne e giunchi piantati in un delizioso laghetto in una delle zone più in vista del parco.




Un'altra immagine del parco Clichy Batignolle situato nel 17° arrondissement di Parigi





La plantswoman inglese
Beth Chatto

Oppure giardini nei quali, per risparmiare acqua, sono state adottate inedite soluzioni orticole.

Come l’alternativa agli assetati prati verde smeraldo che la plantswoman inglese Beth Chatto aveva ideato una ventina di anni fa per la sua casa nell’Essex, una delle zone meno piovose del Regno Unito



Una distesa di ghiaia dall’andamento sinuoso che ricorda il letto di un torrente in secca e ha il compito di ridurre la traspirazione del terreno, popolata da cisti e lavande, artemisie e santoline e altre piante pescate in ogni angolo del mondo, ma tutte disposte ad accontentarsi della poca acqua caduta dal cielo.


Una proposta a lungo inascoltata, che sta ora finalmente convincendo uno stuolo sempre più consistente di paesaggisti, compreso il celebre Michel Corajoud che l’ha realizzata nel Jardin d’Eole, inaugurato due anni fa a Parigi.




Il Jardin d’Eole nel 18° arrondissement di Parigi



In alternativa ai prati meticolosamente rasati e troppo avidi d’acqua si moltiplicano anche le meno esigenti praterie, da falciare solo un paio di volte all’anno, e costellate di fiori selvatici - dai papaveri ai fiordalisi - che si disseminano spontaneamente un anno dopo l’altro: piante fino a ieri considerate troppo umili, insignificanti, inadatte ai giardini, e che invece oggi sono state scelte perfino dal principe Carlo d’Inghilterra, ambientalista convinto, per colorare la distesa d’erba accanto al viale di ingresso della sua tenuta di Highgrove, gestita in modo rigorosamente biologico.




Una spettacolare vista del giardino di Highgrove di proprietà del Principe del Galles, Carlo




Una rivista tedesca parla del
celeberrimo "Highgrove"

In nome dell’ecologicamente corretto, all’orgogliosa soddisfazione del giardiniere che forzando la natura costringeva una pianta a vivere in un ambiente che non le era congeniale, si sostituisce quella di saper sistemare la pianta giusta al posto giusto.

In questi spazi verdi di nuova generazione vengono messe da parte tutte quelle specie delicate o capricciose che fino a ieri erano coltivate con ostinazione nelle aiuole anche se, per scongiurare il pericolo di morti e malattie, erano necessarie cure continue e massicce dosi di dannosi pesticidi.

Al loro posto vengono scelte specie più adatte all’ambiente, al clima, al terreno: piante resistenti, facilmente adattabili, tanto meglio se locali, come per esempio le graminacee, vedettes incontrastate dei giardini di questo inizio secolo.


Un tipico "mix" di piante selvatiche
del Midwest americano


Negli Stati Uniti le adorano perché sono identiche a quelle che crescevano nelle sterminate praterie del Midwest, mentre nel resto del mondo viene apprezzata la loro sobria eleganza, la frugalità, la salute di ferro.

Uno dei paesaggisti più in voga del momento, l’olandese Piet Oudolf, le ha usate a piene mani in una lunga lista di giardini pubblici e privati, dal Lurie Garden di Chigago al Battery Park di New York e al Mahler Plein di Amsterdam, dove le ha mescolate ad altrettanto robuste piante da fiore in modo da ottenere grandi macchie dall’aspetto naturale e un po’ arruffato che fanno apparire artificiosi e inesorabilmente superati i “mixed borders” che hanno imperversato per tutto il secolo scorso. :shifty:




Battery Park di new York



Alcuni giardini particolarmente innovativi hanno anche accolto con entusiasmo l’appello lanciato da Gilles Clément, paesaggista rivoluzionario, filosofo e scrittore, in difesa del Terzo Paesaggio.
Che sarebbe l’equivalente botanico del Terzo Stato nell’Ancien Régime, vale a dire tutti quei frammenti di terreno abbandonati a se stessi e considerati finora di nessuna importanza, sottratti alle mani dell’uomo, ma non a quelle della natura, e proprio per questo rifugio ideale per un lungo elenco di piante bistrattate e in pericolo di estinzione.
Nicchie preziose di biodiversità alle quali, dunque, vale la pena di dedicare spazio e onori, come è successo nel giardino Tage-Industrie, ricavato in un fazzoletto di terra abbandonato da anni nel cuore di Parigi, e dove la vegetazione spontanea cresciuta un po’ alla volta è stata religiosamente conservata perché ospitava una varietà rara di Oenanthe pimpinelloides, una specie che fino a ieri sarebbe stata considerata un’erbaccia e strappata.


Una pianta di Oenanthe pimpinelloides


O come è avvenuto in un vecchio edificio industriale di Roubaix quando è stato trasformato in centro culturale, e la terra che nel corso di un secolo si era depositata sul tetto a terrazza coprendosi di muschi e fiori selvatici, compreso un garofano (Dianthus armeria) iscritto nella lista delle piante protette nel nord della Francia, dopo essere stata tolta zolla per zolla, in modo da consentire l’impermeabilizzazione del pavimento, è stata rimessa meticolosamente al suo posto.




Il Mahler Plein di Amsterdam



Fra i requisiti dei giardini ecologicamente corretti indicati dalla Sustainable Sites Initiative ci sono poi quelli che riguardano la loro manutenzione: pratiche di buon governo ripescate dalla secolare tradizione orticola, oppure suggerite dalle più sofisticate tecnologie moderne, ma in ogni caso sempre in linea con la natura, rispettose degli ecosistemi, attente a non sprecare risorse e risolute nel ridurre l’enorme quantità di diserbanti, concimi chimici e pesticidi impiegati quotidianamente negli spazi verdi pubblici e privati con buona pace di chi, convinto di trovarsi in un paradiso incontaminato, passeggia lungo i loro viali o si sdraia
sui prati.




I meravigliosi giardini di Scampston Hall



In buona parte sono le procedure della cosiddetta gestione differenziata, praticata già da tempo in alcuni parchi pubblici tedeschi, francesi e olandesi, e che si sta facendo strada un po’ alla volta anche in quelli di altri paesi, Italia compresa. L’idea è di non riservare le stesse cure minuziose a tutto il giardino, ma calibrarle in base all’uso che si fa delle diverse zone.



Insomma, intervenire solo dove è necessario e il meno possibile. Per esempio, negli angoli poco frequentati l’erba dei prati si potrebbe tagliare solo una volta ogni tanto, riducendo così la quantità d’acqua necessaria a mantenerli verdi, e pazienza se avranno un aspetto un po’ meno ordinato. Le foglie secche, invece di essere prontamente raccolte, si potrebbero lasciare là dove sono, in modo da offrire rifugio agli insetti utili. E i residui delle potature, invece di finire fra i rifiuti, potrebbero essere tritati e riciclati come pacciamatura ai piedi di alberi e arbusti.





Articolo Originale di
Maria Brambilla



Edited by filokalos - 10/12/2009, 20:35
 
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