A Bologna neuroscienziati italiani insieme al Nobel della Chimica Mullis e al "guru" della psicologia Hameroff hanno studiato le tracce chimiche della depressione nelle piastrine.
Questo studio apre la strada a una nuova fase di ricerche sulla coscienza e il rapporto con l'organismo. Il contenuto di lipidi nelle piastrine, secondo lo studio del professor Massimo Cocchi dell'università di Bologna, è un forte indizio per diagnosticare la depressione e capirne la gravità, fino al punto di sospettare l'intenzione di suicidio.
Lo studio, pubblicato sulla rivista BioMed Central Psichiatry, mettendo a confronto un campione di pazienti depressi, uno di ischemici e uno di persone sane, «ha rilevato che alcuni acidi grassi delle piastrine presentavano notevoli differenze nei tre gruppi di pazienti. Con l'ausilio di un modello matematico applicato a un software che simula il sistema nervoso, una rete neurale artificiale, abbiamo individuato diversi marcatori biomolecolari a partire dai quali tenteremo di trovare nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche».
Piastrine al microscopio
Partire, dunque, da un semplice esame del sangue e del contenuto lipidico delle piastrine per conoscere in anticipo il rischio di ischemia e la predisposizione o la presenza di una depressione.
«Queste patologie lasciano tracce chimiche nell'organismo già nella loro fase embrionale prima che diventino conclamate».
Kary Mullis, il Nobel famoso per la scoperta della "Reazione polimerasica a catena", quella che consente i test del Dna, è stato chiamato dalla California per una valutazione biochimica della scoperta made in Italy.
Con lui anche un gruppo di rappresentanti della Società Italiana di Psichiatria e un team del dipartimento di Neuroscienze dell'università di Siena.
Ulteriori applicazioni di questa tecnica diagnostica potrebbero coinvolgere gli studi sulla coscienza per verificare come essa venga alterata da malattie come la schizofrenia.
Massimo Cocchi, biochimico e autore con l'ingegnere Lucio Tonello della pubblicazione, ha spiegato:
«La nostra scoperta si va ad aggiungere a quelle di Mark Rasenick, che ha osservato come nelle persone suicide i neuroni rivelino un funzionamento anomalo di una certa proteina, e di Stuart Hameroff, che ha individuato nella struttura di un'altra proteina, chiamata tubulina, un ruolo centrale nel processo di funzionamento dei neuroni che sottende agli stati di coscienza».